8.8.11

La borsa e la vita. Quello che le donne non dicono...

“La Stampa” del 21 maggio 2011, nella sezione Società, dedica ben due pezzi a un accessorio di femminile agghindamento, che tante e tanti considerano un emblema o almeno un segno importante di identificazione: la borsa. A un articolo di Roselina Salemi, che dà conto di un libro recente, segue un’intervista a uno psicanalista. Riprendo un po’ dell’uno e un po’ dell’altra, sperando di soddisfare qualche curiosità. (S.L.L.)
La Kelly
Una spada e un’amica
di Roselina Salemi
In principio c'era la Kelly (come Grace), e poi la Birkin (come Jane), tutte e due di Hermès. Poi è arrivata la Jackie'O (ex Kennedy) di Gucci. Pensate per donne speciali, amate da molte altre. Nina Garcia, astuta compilatrice di guide modaiole come One Hundred, spiega che «la borsetta è il primo segno dell'indipendenza femminile», con qualche eccezione (il primo esemplare risale a 4500 anni fa). Ma possiamo concordare sul fatto che nel '900 le borse hanno sviluppato una personalità e un linguaggio. Quello che le donne non dicono, lo raccontano loro.
Il libro Fifty bags that changed the world, cioè «50 borse che hanno cambiato il mondo», di Robert Anderson, è un affascinante racconto, un'operazione psicanalitica, e sul lettino non ci sono le signore, ma le borse. Una per tutte: la «2.55» di Chanel, pochette inventata dalla geniale Coco. Un misto di rivalsa e vendetta. Il materiale ricorda le tenute delle cavallerizze inglesi, simbolo del potere maschile. Il colore, l'uniforme da orfanotrofio...
E' come se le donne si fossero ritirate nel silenzio, troppo occupate a lavorare, scalare, sedurre, a dimostrare che possono far tutto, come se avessero rinunciato a dichiarare le loro intenzioni facendo parlare le borse, dotate di nomi orgogliosi e simbolici: era così per le spade dei cavalieri, la Durlindana di Orlando nella Chanson de Roland, la magica Excalibur di Artù, la fiammeggiante Narsil di Aragorn nel Signore degli Anelli. Al posto delle lame infallibili, splendono la Lady Dior, la D.Bag, la Vanity bag, la Spy bag, la Muse Two (Yves Saint Laurent), la Spedy Monogram Watercolor o la Bowling Bag Joke (Louis Vuitton). La Neverfull bag è da combattimento, pesa 700 grammi, ma sopporta 210 chili: dentro possono trovare posto sia l'abito da sera che il computer e, se fossimo in un Bond-movie, anche un piccolo arsenale. La Warrior bag di Burberry, con le sue borchie, è stata interpretata come una dichiarazione di aggressività. La Falabella, fortunata borsa con le catene di Stella McCartney ha un nome onomatopeicamente confortante. La Antigona, di Riccardo Tisci per Givenchy, dà un'idea di inflessibilità (l'hanno voluta Zoe Saldana e Sharon Stone) che fa ritenere non casuale il richiamo alla tragedia greca. Insomma, la borsa è un'appendice del corpo femminile, e il suo comprensibile disordine è quello dell'anima. Ma in questo proliferare di nomi e definizioni, resta l'idea che clutch, pochette e tracolle messe in fila su uno scaffale dell'armadio, imbottite di carta velina per non essere sciupate da pieghe improprie, Carolyn o Carla, Kelly o Alexa, comprate a caro prezzo o affittate per l'occasione siano le sole amiche che abbiamo. Da chiamare con il loro nome, come dice la spiritosa e sceneggiatrice scrittrice Nora Ephron, «per avere qualcuno da chiamare».
La Alexa
Il contenitore delle emozioni
domande a Jacopo Valli psicoterapeuta

Che cosa é la borsa per le donne?
«Sicuramente un segno di appartenenza. Certe borse sono un vero e proprio passaporto sociale, come la Kelly, che mette chi la indossa un gradino sopra le altre…».

Perché le borse sono così importanti?
«Per la loro carica simbolica. La borsa é un contenitore, quello che ci portiamo dietro dice tutto. Una borsa grande può significare desiderio di far fronte a qualsiasi evenienza, o anche insicurezza. La riempio il più possibile, non si sa mai. Anche il modo di portarla, posarla, tenerla chiusa o aperta, può essere letto come un codice».

E' un contenitore di oggetti e basta?
«No, anzi, e' soprattutto un contenitore di emozioni. Dentro la borsa, una donna conserva i suoi segreti, i suoi oggetti del trucco, i suoi ricordi. Sa di poterglieli affidare: non li rivelerà a nessuno». 

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