9.5.11

Quando cadde Léon Blum. Simone Weil, la socialdemocrazia e Machiavelli.


Simone Weil
La Repubblica del 12 luglio 1981, in un paginone interamente a lei dedicato, pubblicava uno scritto di Simone Weil del 1938, in occasione della caduta, in Francia, del governo di Fronte Popolare guidato da Léon Blum. Il titolo originale era Méditation sur un cadavre (Meditazioni su un cadavere) e fa parte della raccolta di Ecrits historiques et politiques pubblicata nel 1960 da Gallimard. 
In esso una parte importante di quanto è accaduto è messa in capo alla personalità del primo ministro Blum, di cui si esaltano le doti di “sincerità”, “sensibilità”, “altezza morale”, ma di cui si denuncia la totale mancanza di “intelligenza politica”.
La Weil chiude il suo documentato ragionare con un paradosso sulla socialdemocrazia francese, quello che qui trascrivo. Ella spiega che le debolezze di Blum non sono esclusivamednte sue, ma della sua parte politica nell’intera Europa. Il dottrinarismo idealistico (in contrasto solo apparente con una flessibilità opportunistica) per Weil ottunde l’intelligenza e distrugge la capacità di visione, specie in tempi di crisi, quando Machiavelli, a suo dire, è assai più utile che Marx.
E’ tesi che non condivido. Resta che la socialdemocrazia europea, anche dopo il generalizzato abbandono del marxismo che seguì al congresso della SPD di Bad Godesberg (1959), a Machiavelli è approdata di rado, che io mi ricordi solo una volta, seppure con una figura eccezionale, che peraltro proveniva dal radicalismo repubblicano. Si tratta di François Mitterand, non a caso soprannominato le Florentin.
In Italia ad introdurre nel socialismo un po’ di machiavellismo ci provò Bettino Craxi, che addirittura, in questo suo approccio sincero, scrisse (o si fece scrivere) una prefazione del Principe per l’edizione che negli anni Ottanta regalò “L’Europeo”, ma il segretario del Psi, ed ancor più i suoi seguaci, irresistibilmente protesi a garantire il loro “particulare”, facilmente confondevano il Machia con l’amico-rivale Francesco Guicciardini. (S.L.L.)
Léon Blum
Quante differenza esistono tra i diversi paesi europei, tra i diversi momenti critici della storia recente, tra le diverse situazioni! Eppure, quasi dovunque, la socialdemocrazia si è mostrata uguale a sé stessa: adorna delle stesse virtù, rosa dalle stesse debolezze. Sempre le stesse eccellenti intenzioni che lastricano così bene l’inferno: l’inferno dei campi di concentramento. Léon Blum è uomo di raffinata intelligenza e di grande cultura: ama Stendhal, ha certamente letto e riletto La Certosa di Parma; e tuttavia gli manca quella punta di cinismo che è indispensabile alla chiaroveggenza.
Nelle file della socialdemocrazia si può trovare di tutto, tranne che spiriti autenticamente liberi; eppure la dottrina è flessibile, si presta ad ogni possibile interpretazione e modifica; ma non è bene avere dietro di sé una dottrina, soprattutto quando questa racchiude il dogma del progresso, la fiducia incrollabile nella storia e nelle masse. Marx non è un buon autore per formare il giudizio: Machiavelli serve indefinitamente di più.
Simone Weil

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