18.5.11

Giovanni Gentile e il delitto Matteotti in una parodia di Adriano Tilgher

Adriano Tilgher è un esponente storico dell’estremismo neofascista (o postfascista che dir si voglia) che, dopo aver  transitato in varie formazioni di quel mondo (dal Fuan ad Avanguardia nazionale, a Fiamma tricolore), sembra oggi aver trovato ricetto come “responsabile del programma” nella Destra di Storace e del Pecora, alleatissima di Berlusconi e di recente entrata nel suo governo attraverso la persona del sottosegretario catanese Musumeci.
Il Tilgher è forse discendente di un suo perfetto omonimo, il quale nei primi decenni del secolo, fu filosofo battagliero e antiaccademico. Ammiratore di Nietsche, di Schopenauer e dei relativisti quell’Adriano Tilgher fu inventore del “pirandellismo”: estrasse cioè dall’opera dello scrittore siciliano una sorta di filosofia. Lo fece in maniera tanto convincente che persino Pirandello, per un po’, si persuase di essere pirandellista.
Nel 1925 Tilgher firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce e nello stesso anno pubblicò un volumetto assai polemico contro Giovanni Gentile. Del libro, di cui non rintraccio riedizioni o ristampe recenti citate nella rete, scrisse su “La Repubblica” il 19 novembre 1989 il grande “nientologo” Beniamino Placido (così si definiva, rifiutando l’etichetta di “tuttologo” e dichiarandosi di nulla esperto e, forse per questo, di molte cose curioso). Dal libretto estrasse una pagina di parodistica satira, pezzo di bravura e nello stesso tempo durissima e indignata denuncia della menzogna al potere. Qui riporto sia il corsivo di presentazione di Placido, sia il lacerto antigentiliano di Tilgher. (S.L.L.)
Il filosofo Adriano Tilgher (1887-1941)
Non è improbabile che nei manuali di storia della letteratura ad uso delle persone definite colte, Benedetto Croce e Giovanni Gentile passino ai posteri come l' Achille e il Patroclo, l' Oreste e Pilade della cultura italiana...”. Così profetava nel 1925 Adriano Tilgher, all' interno di un “pamphlet” pubblicato per le Edizioni di Piero Gobetti e intitolato Lo spaccio del bestione trionfante. Sottotitolo: Stroncatura di Giovanni Gentile. Dedica: "Alla memoria di Arturo Schopenhauer, della filosofia delle Università fustigatore acerrimo".
Ho trovato questo libro su una bancarella e me ne sono con un certo sacrificio finanziario rapidamente impossessato. Per prepararmi adeguatamente alla lettura dei saggi più recenti (di Jader Jacobelli, di Salvatore Natoli) sulla coppia Croce-Gentile. Giovanni Gentile fu condannato e ammazzato frettolosamente dai partigiani a Firenze nel 1944. E' in corso adesso una rivalutazione forse altrettanto frettolosa della sua filosofia, definita europea. Una parola che suona bene: e spiega tutto.
Offriamo alla valutazione ulteriore dei rivalutatori la seguente parodia dello stile e del pensiero gentiliani che si legge alla pagina 86 del “pamphlet”.
Adriano Tilgher finge che a Gentile sia stata richiesta una perizia filosofica sull'assassinio di Giacomo Matteotti. E' evidentemente inventata, apocrifa. Ma su quale autentico scritto, già apparso, di Gentile è fondata? Agli esperti indovinare (non ci sono premi: la riflessione filosofica seria, com' è noto, è premio a se stessa).
Beniamino Placido

Il filosofo Giovanni Gentile (1875 - 1944)
In base ai suddetti principi, la mia risposta al quesito delle Eccellenze Vostre non è difficile. Amerigo Dumini e compagni hanno esercitato violenza contro l' onorevole Matteotti. Ma che scopo aveva questa violenza? quello di sollecitare interiormente l' on. Matteotti e di persuaderlo a consentire, cioè a farla finita con la sua campagna contro il Governo Nazionale. La forza usata da Amerigo Dumini e compagni si rivolgeva, dunque, alla volontà dell' on. Matteotti, ed era perciò forza morale, in nulla dissimile da quella che si esercita facendo una predica. Se Amerigo Dumini e compagni, invece di ricorrere a una predica, ricorsero al pugnale, ciò si deve alla nota ostinazione del predetto onorevole, che faceva preveder vana ogni parola diretta a persuaderlo perché mutasse contegno. Nel caso concreto, non la predica, ma il manganello era l' argomento adatto. Si obbietterà che non il manganello, ma il pugnale fu adoperato. E' facile rispondere che, da un punto di vista filosofico, non si può distinguere tra oggetti materiali: distinguere tra manganello e pugnale sarebbe filosoficamente tanto erroneo quanto distinguere tra pugnale di una forma e pugnale di un' altra forma. Si aggiunga che, dato lo stretto spazio dell' automobile, il maneggio del manganello era incomodo. Usando il pugnale, Amerigo Dumini e compagni usavano dunque un argomento filosoficamente lecito di polemica. Se il Governo Nazionale incarna oggi lo Stato italiano, se lo Stato è moralità, moralissima fu la violenza diretta a toglier di mezzo chi, ponendosi contro il Governo Nazionale, si poneva contro lo Stato, e quindi contro la moralità. Non si loda la Chiesa di avere pel santo fine di salvare le anime bruciato i corpi? Perché allora si dovrebbe punire chi, per salvare il Governo, e cioè lo Stato, e cioè la concreta moralità di un popolo, toglie di mezzo un pervicace negatore di esso Governo, di esso Stato, di essa moralità con l' unico mezzo rivelatosi possibile dopo constatata l' inutilità di ogni pacifico mezzo di persuasione? Se l' on. Matteotti non voleva morire, non aveva che a consentire, cioè a cedere. Consentire non volle. Morì. Sua colpa e suo danno. Al lume della mia filosofia, l' innocenza di Amerigo Dumini e compagni luminosamente rifulge.
                                                                                                   In fede
prof. Giovanni Gentile

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ricordiamoci dell’omicidio del filosofo Gentile, uno studioso apprezzato anche da intellettuali di sinistra. L’uccisione del filosofo fu rivendicata dal Cln (dai famigerati partigiani comunisti del Gap operanti in Toscana) e dal duro giudizio giornalistico espresso dal latinista Concetto Marchesi, un ex socialista, che giurò formalmente fedeltà al fascismo, ma che in realtà collaborava con i comunisti. La sentenza comunista fu emessa in nome della giustizia del popolo (quello comunista). I comunisti, infatti, non volevano la pacificazione auspicata dal Gentile (che pur avendo aderito al fascismo, aveva aiutato molti ebrei e aveva difeso alcuni oppositori del regime). In quel tempo, a Firenze e dintorni, la violenza era all’ordine del giorno, causata dai Gap e dai fascisti. L’omicidio di Gentile fu aspramente condannato dai non comunisti, che facevano parte del Cln, e da molti intellettuali di sinistra. Gli esecutori del delitto non furono processati, perché protetti dal partito capeggiato da Togliatti, lunga mano di Stalin e del Komintern.

Salvatore Lo Leggio ha detto...

Gentile anonimo,
Gentile è stato apprezzato da intellettuali di sinistra, ma Adriano Tilgher era di destra e non lo apprezzava. Gentile, filosofo di valore, non si limitò ad aderire al fascismo, fu ministro della Istruzione del governo Mussolini e teorico del regime, incaricato dal duce di scrivere la voce FASCISMO sulla Treccani. Come grande gerarca aveva ottenuto riguardi verso intellettuali antifascisti e - dopo le leggi razziali del 38 - anche per professori ebrei. Nulla poté contro i rastrellamenti del 44-45 che portavano allo sterminio:era già morto. Marchesi, a sua volta, era stato nel 1921 tra i fondatori del Pcdi. Grande latinista, nel 31 - quando il fascismo impose il giuramento di fedeltà ai professori universitari - egli giurò, seguendo l'indicazione del partito clandestino che consigliava ai professori comunisti (3 o 4 in tutto) di non farsi cacciare, per potere un giorno usare il ruolo contro la dittatura. A rifiutare il giuramento fu appena una decina di professori amanti della libertà, non inseriti in partiti. Quando dopo l'otto settembre, Mussolini liberato costituì la Repubblica di Salò, Gentile lanciò la "riconciliazione", chiedeva che il fascismo perdonasse gli oppositori e costoro si unissero nella nuova RSI per salvare l'onore della patria combattendo a fianco dell'alleato nazista. L'appello era irrealistico in una Italia centro Nord occupata dalle armate di Hitler. Marchesi, intanto, rettore dell'Università di Padova, rivolse un appello alla gioventù studiosa: non era il tempo dei libri, ma della spada. (continua)

Salvatore Lo Leggio ha detto...

L'esecuzione di Gentile avvenne in questo clima, eseguita da un gruppo comunista fiorentino e salutata come giusta da Marchesi. Si trattava però di una operazione anomala. I gruppi patriottici, socialisti, azionisti, comunisti, organizzavano esecuzioni di fascisti collaborazionisti, ma generalmente di figuri che avevano un ruolo nella Rsi. Un filosofo, che in quel momento non aveva ruoli, non rientrava in questo schema. Perché scegliessero di colpire Gentile e non, per esempio, il federale del Partito Fascista, è argomento che ha destato discussioni e ricerche. E' infondata l'ipotesi che l'indicazione venisse da Mosca. Togliatti coprì questa scelta dopo che era stata fatta a Firenze - ma in un certo senso la subì. Da fine politico qual era ritenne un errore aver scelto come simbolo da abbattere un filosofo disarmato. Sulla vicenda ha scritto un documentatissimo libro Luciano Canfora: non esclude il contributo personale di Marchesi nella scelta di Gentile come bersaglio, ma racconta di strani intrecci tra fascismo intransigente(e perciò antigentiliano perché ostile a ogni pacificazione) e partigiani e parla di un doppiogiochista, Licio Gelli. L'editore de "La sentenza" è Sellerio. Se non lo trova in libreria la cerchi in biblioteca. E' affascinante: insegna a guardare alla storia senza paraocchi: la storia in certi periodi di trapasso è sempre piena di ambiguità.

Anonimo ha detto...

La ringrazio della risposta e delle informazioni sulla questione Gentile.
Quando dovremo ancora attendere per conoscere un'attendibile "verità storica" sulla Resistenza?

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