5.4.11

Il mito della Francia nella cultura siciliana (di Leonardo Sciascia)


Michele Amari
Tra gli altri grandi miti che sono presenti, o sono stati, nell’animo siciliano c’è il mito della Francia. Agli occhi delle masse popolari, la Francia ha rappresentato dapprima un mito negativo, a partire dai Vespri siciliani e fino al XVIII secolo: per dire “fame” si diceva “francia”, con allusione ai francesi di Carlo d’Angiò che, a quanto pare più di altri invasori, hanno affamato la Sicilia. In compenso per gli strati aristocratici o colti, a partire da una cert’epoca, probabilmente dal XVII secolo e in uno stato d’animo di polemica contro gli spagnoli, la Francia ha cominciato a essere un mito positivo. Ed è nell’epoca dell’Illuminismo che si vedono i letterati prendere a modello i razionalisti francesi. Se si consultano i registri di dogana e di polizia, si costata allora che l’importazione di libri francesi è sbalorditiva: Rousseau, Voltaire, l’Encyclopédie, Montesquieu (il beniamino degli aristocratici). Stendhal dirà in seguito che i libri francesi si vendevano poco in Italia, tranne che in Sicilia, dove ogni buon libro toccava il centinaio di copie. Poi, dopo la rivolta del 1820, questo rapporto con la Francia si fa più stabile e concreto.
Il primo vero narratore siciliano, il primo che scrive col gusto di scrivere, che racconta col gusto di raccontare, ha scritto i suoi libri in francese: era Michele Palmieri di Micciché, autore di due volumi di memorie stampati a Parigi e che furono letti da Stendhal e da Alexandre Dumas. Tra l’altro  non dobbiamo scordare che alcuni episodi stendhaliani provengono dritti dritti da Palmieri. Altri ancora scriveranno direttamente in francese, tra gli altri il barone Aceto, autore di una storia dei rapporti tra Inghilterra e Sicilia bel 1812, e il canonico Gambini, che lasciò l’isola durante il periodo napoleonico e fu uno dei traduttori in italiano dei Codici. Infine, di una delle opere fondamentali della storiografia romantica – e una delle più emozionanti, per la forza con cui viene evocata la storia siciliana – noi non l’avremmo avuta se il suo autore, costretto all’esilio, non avesse potuto disporre di tutto il materiale che le biblioteche di Parigi potevano offrirgli. Intendo riferirmi a La storia dei musulmani di Sicilia di Michele Amari: qui a Palermo, disgraziatamente, non si trova alcun documento sul periodo arabo nell’isola.

La Sicilia come metafora, Mondadori, 1979

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