13.2.11

Il club del mercoledì.

“Nove banchieri delle più importanti istituzioni finanziarie di Wall Street si riuniscono il terzo mercoledì di ogni mese nel Distretto finanziario di Manhattan per assicurarsi il controllo e la floridezza del mercato che più preoccupa la Casa Bianca: quello dei derivati”. Così inizia su “La stampa” del 13 dicembre un articolo di Maurizio Molinari, intitolato Il club segreto che governa il mondo.
Paul Volcker, l'ex presidente della Federal Reserve, oggi collaboratore di Obama, parla dei derivati come un mercato che «sfugge a ogni regola» e continua a minacciare le borse dopo aver dato un grande contribuito alla crisi. Ma, a quanto è dato di comprendere, l'allarme e le pressioni di Casa Bianca e Congresso contano poco nelle riunioni mensili dei banchieri che guidano JP Morgan Chase, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Morgan Stanley eccetera: i derivati sono prodotti finanziari in gran parte non quotati in Borsa e producono ogni anno scambi per molti trilioni di dollari che sfuggono a ogni controllo. Oltre ad essere scambiati privatamente sono molto spesso registrati nei bilanci in maniera ambigua.
Il club segreto del mercoledì sarebbe stato scoperto da una task force investigativa creata dal ministro della Giustizia di Washington, Robert Litan grazie alle testimonianze raccolte fra gli alti funzionari di Bank New York Mellon, esclusa dal club con la motivazione che non muove abbastanza “derivati”, ma, secondo i testimoni, tenuta fuori dal grande giro per mantenere alti i margini delle attività speculative restringendo il cartello. Di fronte a tale ricostruzione Litan non ha dubbi: nel cuore di Wall Street opera una setta segreta di banchieri , il cui scopo è gestire i prodotti finanziari capaci di garantire i maggiori profitti, ma anche i più gravidi di rischi per tutta l’economia. Naturalmente i membri del club allontanano da sé l’accusa e dichiarano che anzi la cooperazione ha ridotto i rischi. Immagino che si riferiscano alle loro banche e non già agli inestitori e ai risparmiatori.
Dalla notizia ho ricavato qualche riflessione. Dai tempi di Marx il capitalismo è cambiato molto, ma non s’è liberato della sua tendenziale anarchia: è tipico di questo modo di produzione liberare forze che inceppano i meccanismi dello sfruttamento e dell’accumulazione. Per questo non ho mai creduto nel governo (o nel complotto) universale. Non ci sono saggi di Sion, Trilaterali o consimili aggregati plutocratici che riescano a controllare e governare tutto.
E tuttavia, nel capitalismo internazionale, le oligarchie esistono, come esistono luoghi fisici da cui tentano, senza trasparenza alcuna, di governare i processi economici in ogni angolo del mondo. Esistono nella finanza, esistono nell’industria, esistono nel commercio delle materie prime. Qualche anno fa lessi un articolo di Luciana Castellina, molto bello, che cercherò di ritrovare. Raccontava di come un club come quello dei banchieri del mercoledì avesse deciso, non so in quale giorno della settimana e non so per quale ragione, di diminuire il prezzo del caffè, pagandolo meno ai produttori. Secondo i suoi calcoli, molto ragionevoli, quella decisione produsse in Africa qualche decina di migliaia di morti per fame in più.

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