24.2.11

Berlusconi-Gheddafi. Le relazioni pericolose (di Agostino Spataro)

Il mio vecchio amico e compagno Agostino Spataro, giornalista da sempre esperto di questioni mediterranee, ha diffuso alcuni stralci da suoi articoli o interviste dal 2008 al 2011che, autorizzato, "posto" anche qui per uso mio e dei visitatori (S.L.L.)
Il commercio della verità
Vi sono altri problemi, prevalentemente politici, che governo e partiti dovrebbero chiarire.
A cominciare dal grave ritardo col quale si è pervenuti all’accordo. Certo, vi sono state difficoltà negoziali, tuttavia la storia di questa pluridecennale trattativa ci dice che da ambo le parti si è giocato al rinvio. Anche perché il negoziato è stato usato in modo improprio, come carta vincente in un gioco un po’ cinico nel quale, per mezzo secolo, si sono intrecciati i destini del regime libico con i più concreti interessi italiani d’industrie di stato e di esportatori al seguito. Il capitolo delle relazioni fra l’Italia e la Jamahjriya (Libia) del colonnello Gheddafi, anche durante l’embargo, è in gran parte da scrivere.
Comunque siano andate le cose, un fatto è certo: la vituperata “prima Repubblica” riuscì a maturare sulla questione libica, come in generale su quelle araba e mediterranea, un orientamento ampiamente condiviso, ben oltre i confini delle maggioranze parlamentari. La politica estera italiana aveva, almeno verso questo scacchiere, un orientamento. Oggi, invece, appare disorientata, tentennante e perciò si affida all’affarismo spicciolo e alle pacche sulle spalle. Nel caso specifico della Libia, quella politica estera riuscì a tutelare i legittimi interessi nazionali e a mantenere aperto un canale di dialogo con un regime messo alla gogna.
Strano, però! Fino a quando Gheddafi si è dichiarato estraneo alle pesanti accuse di terrorismo fu mantenuto un durissimo embargo contro la Jamahjriya, quando (nel 2003) si è dichiarato colpevole l’embargo è stato revocato. Come se la dichiarazione di colpevolezza fosse la chiave per aprire le porte di un club esclusivo.
Viene da chiedersi: come mai ora che, finalmente, si è trovato un terrorista reo confesso invece d’isolarlo si fa la fila per incontrarlo, per contrattare affari miliardari? Una bizzarria non solo etica, ma politica visto che contrasta con l’imperativo categorico della lotta al “terrorismo internazionale” divenuta la bandiera dell’amministrazione Bush e di tanti governi europei, fra cui il nostro.
E’ chiaro che tale comportamento si spiega con l’esigenza di assicurarsi i rifornimenti di petrolio e di gas e le lucrose commesse generate dalla parte libica. Così com’è evidente il gioco delle grandi potenze (dalla Russia agli Usa, dalla Francia all’Italia) per accaparrarsi addirittura le enormi riserve libiche d’idrocarburi e la loro commercializzazione.
Perciò la coerenza politica, l’etica vanno a farsi benedire e tutti corrono alla fiera di Tripoli.
A queste priorità sono state piegate i ruoli dei governi e della stessa diplomazia che, ormai, sembrano prendere ordini direttamente dalle multinazionali e dai potentati finanziari.
Dentro questo scenario diventano possibili, e accettabili, le più incredibili acrobazie.
L’ultima, la più clamorosa è la contraddizione - prima rilevata- che non impedisce alla “comunità internazionale” di aprire al regime del colonnello Gheddafi dopo che ha ammesso le sue terribili responsabilità e risarcito le famiglie della vittime.
Più che ad una svolta politica siamo di fronte ad un clamoroso controsenso, giacché l’ammissione della colpa non ne annulla la gravità. Non siamo nel confessionale!
Ma questa confessione ha ristabilito la verità? Nessuno può dirlo. Per il momento, dobbiamo accontentarci di queste verità contrattate, mercificate, monetizzate. Tanto a dollari.
(in “INFORMAZIONI DAL MEDITERRANEO” 15 settembre 2008 )

L’import italiano d’idrocarburi: un’eccessiva dipendenza da Russia e Libia.
Ma non divaghiamo, torniamo all’Italia, alla sua politica estera militarista e mercantilista che- come già detto- produce una doppia fregatura: gli alti costi delle missioni e un saldo sfavorevole  dell’interscambio globale con i paesi del Medio oriente e dell’area mediterranea.  
Particolare preoccupazione dovrebbero destare i dati concernenti l’import d’idrocarburi sempre più elevato (in valore) e concentrato in pochi paesi esportatori con alla testa la Russia di Putin (col 21,8%) seguita dalla Libia di Gheddafi (col 21,2%).
Insieme i due Paesi coprono il 43% dell’import italiano (dati 1° semestre 2009) e, forse, meglio spiegano il senso dell’attuale politica estera italiana.
Insomma, mentre prima la costante di ogni politica estera economica era la diversificazione degli approvvigionamenti, negli ultimi anni la lista dei fornitori si sta restringendo e modificando a favore di alcuni Paesi non propriamente affidabili sotto diversi profili.
Di questo passo, l’Italia rischia una dipendenza eccessiva da governi che, in caso di crisi, potrebbero esercitare pesanti condizionamenti sull’economia del nostro paese.
Quando si dice la sovranità!
Se, invece che di leggi ad personam, di prostitute, di trans e ruffiani, partiti e parlamento, e anche i media, si occupassero di questi problemi e d’altri consimili certamente avremo una rappresentazione più veritiera e pulsante della realtà drammatica che l’Italia sta vivendo.
(in "Bollettino Cgil esteri", 5 dicembre 2009)

La Sicilia al tempo della globalizzazione
intervista di Diego Romeo
Ecco, affidarsi a Putin e a Gheddafi cosa significa e cosa comporta?
Per saperlo non bisognava, certo, attendere la pubblicazione da parte di Wikileaks delle informative dell’ambasciata americana. Già da qualche anno, si poteva notare la trasformazione delle relazioni bilaterali dell’Italia con la Libia e con la Russia in rapporti personali fra Berlusconi Putin e Gheddafi. Bastava osservare i dati dell’interscambio commerciale per accorgersi che la Russia di Putin e la Libia di Gheddafi erano diventati i nostri primi due fornitori d’idrocarburi (petrolio e gas). Come abbiamo notato su “Infomedi”, i due paesi, nel primo semestre del 2009, hanno coperto il 43% dell’import italiano d’idrocarburi.
Una copertura a dir poco imbarazzante.
Certamente. Per altro, questa eccessiva concentrazione delle fonti di approvvigionamento ha modificato l’equilibrio tradizionale che poggiava su una più ampia diversificazione, soprattutto sui paesi della penisola arabica verso i quali si registra, di conseguenza, una caduta dei nostri volumi di export. Un dato inquietante che potrebbe condizionare la sicurezza e la continuità del nostro sistema di approvvigionamento energetico e quindi lo sviluppo economico e civile del Paese.
In questo delicato campo, si è determinata una condizione di scarsa affidabilità politica che ha spinto l’Europa a promuovere, un po’ frettolosamente, la realizzazione di ben quarantasei nuovi rigassificatori, di cui dodici in Italia e due in Sicilia.
Tutto ciò, a parte i colossali tornaconti di società e di persone che maneggiano gli accordi e i relativi contratti, come comincia ad emergere dalle inchieste giornalistiche e d’altra natura.
(in “Welfare network”, gennaio 2011)

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