23.11.10

Fratelli musulmani. Alla radice dell'integralismo islamico (di Isabella D'Affitto)

Una vecchia “talpa giovedì”, il supplemento monografico de “il manifesto”, del 6 febbraio del 6 febbraio 1992 è intitolata Futuri integrali è dedicata agli integralismi, religiosi e non solo. La tesi di fondo, sviluppata in due distinti articoli di Marco Bascetta e Marco D’Eramo, è che l’integralismo è un frutto, un esito della modernità. Dopo quasi venti anni le riflessioni di D’Eramo mi pare che reggano al tempo. Posterei il suo testo (Guerra all’individuo. 6 tesi sull’integralismo) ma è troppo lungo per la mia pazienza di battitore: lo cerchi chi ha interesse. Qui riproduco parte di una scheda sui “fratelli musulmani” curata da Isabella D’Affitto che trovo di grande chiarezza espositiva e che ho trovato molto utile. Naturalmente la scheda si ferma ai primi anni Novanta. Sarebbe bello che chi per competenza può, mantenendo il medesimo encomiabile andamento didascalico, l’aggiorni ai nostri tempi confusi e convulsi.  (S.L.L.)
Pellegrini alla Mecca.

A partire dalla rivoluzione iraniana del 1979 si è cominciato a parlare di fondamentalismo islamico, come se fosse nato sotto la spinta dell’Imam Khomeini, e quindi in ambiente sciita. E anche oggi, quando si parla del recente fenomeno dell’integralismo islamico nel Maghreb si fa spesso riferimento all’Iran. E’ vero che si sono visti anche ritratti dell’Imam Khomeini anche per le strade di Algeri, ma non ha detto che l’integralismo algerino debba essere irano-dipendente.
Se si analizzano le radici del fenomeno dell’integralismo, si può constatare come sia nato proprio nell’Islam sunnita, e cioè in Egitto, dove le condizioni di vita erano tali che era facile raccogliere il malcontento popolare. Nel 1928 Hasan al-Banna (m.1949) fonda a Ismailiya il movimento dei Fratelli Musulmani, caratterizzato da un rigoroso rispetto per la legge islamica, la shari’a, e da uno spiccato orientamento antimperialista e anticolonialista. Il movimento recluta seguaci da ogni fascia sociale, attecchisce nei centri urbani più poveri, si proclama associazione religiosa avente come scopo quello di “imporre il bene e vietare il male” e di liberare l’Egitto da ogni influenza straniera, politica, militare e culturale. Il movimento ha presto una frangia femminile con l’Associazione delle Madri Musulmane anch’esse fondata nel 1928 che nel 1933 diventa “Associazione delle Sorelle Musulmane”. Inizialmente compagna di lotta della femminista Huda ash-Sha’ravi, Zainah al-Ghazali riesce a intraveder un miglioramento per la donna araba solo nella rigorossa applicazione della shari’a.
In poco tempo l’organizzazione di Fratelli Musulmani diventò movimento di massa. Il governo egiziano ne decretò lo scioglimento nel 1948 quando, in seguito alla sconfitta della guerra arabo-israeliana, i Fratelli Musulmani organizzarono manifestazioni antigovernative. Con l’assassinio del premier al-Nuqrashi (1949), per il movimento iniziò un periodo di illegalità, persecuzioni, riabilitazioni, culminate con l’arresto di molti “fratelli” e la condanna a morte dei suoi capi. Le persecuzioni s’intensificarono dopo il fallimento degli attentati contro Gamal Abd an-Nasser nel 1954 e nel 1966.
Nel 1966 venne giustiziato l’ideologo Sayyid Qutb, autore di molti libri ancora stampati e ristampati in tutto il mondo arabo, come La giustizia sociale nell’Islam, pubblicato al Cairo nel 1949 (e tradotto a Washington nel 1955); Lineamenti sulla strada (Beirut, 1965) e All’ombra del Corano, pubblicato postumo a Beirut nel 1978.
Dopo la repressione in Egitto il Movimento dei Fratelli Musulmani, e altre associazioni più o meno simili come Takfir wa hijra, il gruppo Gihad, si organizzano fuori dall’Egitto, in Siria, in Giordania, nei paesi del Maghreb e, fuori dal mondo arabo, in paesi islamici come il Pakistan, dove già prosperava la Giama’at islami di Abu’l Ala al-Mawdudi, e l’Indonesia, conl’associazione Dar al-Islam. Ma sarà l’insegnamento del pakistano Abu’l Ala al Mawdudi (m.1979) – che propone l’immediata istituzione islamicamente perfetta – a fare proseliti nel mondo arabo.
Come alla radici dei Fratelli Musulmani c’erano concreti motivi di protesta contro le condizioni economiche dell’Egitto prebellico e contro il dominio politico-culturale e militare della Gran Bretagna, così oggi non si deve vedere tanto la “marea montante” di un Islam indifferenziato e fanatico, quanto il risultato di una mobilitazione popolare fondata su altrettanto concreti motivi d’insoddisfazione per la crescente ingiustizia sociale, per la dipendenza economica dall’occidente, per l’arrendevolezza ufficiale di fronte al dilagare dell’imperialismo culturale, che caratterizzano l’Algeria, e altri paesi arabi di oggi. Rifugiarsi nell’Islam sembra a molti l’unica difesa contro la corruzione portata dal modello occidentale.

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