27.11.10

Dai "Quaderni" di Leonardo Sciascia. Parigi vale ancora una messa ( da “L’Ora” 25 marzo 1966)


Il monumento ad Apollinaire di Picasso in Saint Germain de Prés
In questo appunto, dai quaderni che Sciascia pubblicava su "L'Ora", si può ritrovare al massimo della potenza la capacità del maestro di Racalmuto di "leggere i luoghi", di rintracciare i segni della storia, delle sue contraddizioni e dei suoi paradossi. Nel racconto di un pomeriggio parigino entrano Manzoni, Apollinaire, Voltaire, Teilhard de Chardin. Chi ama Parigi ne sente irrefrenabile la nostalgia e vorrebbe presto tornarci per sentire viva la presenza, in quel leggendario "triangolo" di spazio urbano, di Leonardo Sciascia, per poterne incrociare lo sguardo penetrante. (S.L.L.)
Saint Germain de Prés
Non c’è persona, da Roma in giù più scopertamente, da Roma in su più discretamente, che sentendo che venite da Parigi o che ci andate non faccia un malizioso ammicco di intesa e non alluda ai piaceri di cui siete reduci o cui vi darete. Persone, anche, che a Parigi ci vanno frequentemente: e sanno bene che molte ore delle loro giornate parigine scorrono di solito nell’albergo Lutezia, in lunghe conversazioni con gli italiani di Parigi, che si lamentano di Parigi; e quando ne escono, non fanno che spostare la loro conversazione a un cafè del boulevard Saint Germain, di Montmartre o di Montparnasse. Ma basta allontanarsene, ed ecco che il mito erotico di Parigi torna a risplendere: una Parigi che non esiste più e che forse non è mai esistita (E della città vista in dimensione erotica, eroticamente vissuta da un italiano, abbiamo uno spietato ragguaglio, forse non abbastanza conosciuto e capito, in un libro di Mario Tobino).
Per me, poi, Parigi è tutta in un triangolo che sta tra le rue de Bourgogne, il Louvre e il Lussemburgo: e questo triangolo credo di conoscere ormai in ogni strada. Raramente ne sconfino. Mi è capitato l’altro giorno: mi sono ridotto, stanchissimo, fino alla chiesa di San Rocco, e mi sono guardato bene dall’entrarvi, ricordando che appunto a San Rocco il Manzoni era cascato dalla sella del volterianesimo come Paolo sulla strada di Damasco (E se Manzoni non fosse entrato a San Rocco?). Di domenica pomeriggio, invece, sono entrato senza preoccupazione a Saint Germain des Prés: a sentir messa. Il monumento di Picasso a Guillaume Apollinaire, dentro il sagrato, mi rendeva libero da quell’apprensione che mi aveva fermato davanti a San Rocco. Immaginate un po’ il nostro parroco, vescovo o cardinale alla proposta di collocare, dentro il cancello del sagrato, un monumento a un poeta autore di versi come questi: “Tu l’ignores ma vierge à ton corps sont neuf portes/ j’en connais sept eddeux me sont celées…Huitième porte de la grande beauté… Neuvième porte plus mysterieuse ancore…”, e così via. Farebbero salti di indignazione da toccare la cupola delle loro chiese. E invece il parroco o prevosto o abate che sia di Saint Germain probabilmente è fiero di quella statua di Picasso, dedicata a un poeta erotico, editore di letteratura erotica, che è stata collocata dentro l’antico sagrato.
Comunque: invece che andare a sedere ai Deux Magots, davanti alla tazza di caffè che il cameriere, riconoscendovi italiano, vi assicura fatto all’italiana, ma con un sogghigno che altro non promette che il solito disgustoso beveraggio, ho preferito sentire messa a Saint Germain; e così, riposando, mi sono ripassato un po’ di cattolicesimo francese, da Port Royal a Teilhard de Chardin. Il quale Teilhard de Chardin dice il professor Besterman, discendeva in linea collaterale da Voltaire: e forse questo filo geneaologico è da intendere in più aperto e profondo senso. Nel senso per cui ascoltare messa a Saint Germain non è la stessa cosa che ascoltarla a San Pietro.

Da "L’Ora", 25 marzo 1966

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