22.10.10

Troppa grazia ("micropolis", novembre 2004)

La riproposizione in questo blog di vecchi articoli dal taglio laicista ed anticlericale non documentano soltanto una mia attività intellettuale per i pochissimi che ne fossero curiosi, ma segnalano una sorta di escalation nel processo di riclericalizzzazione delle istituzioni in Italia dopo la breve stagione democratica e libertaria degli anni 70. Risulterà chiaro che il ritorno, in forze, del prete non è prodotto esclusivo di una destra in cerca di sacre legittimazioni, ma anche di una sinistra che vorrebbe perdonato chissà quale peccato originale. L'articolo che segue è la cronaca di un'edizione di Umbrialibri, una sorta di kermesse fieristico-culturale organizzata da una di quelle regioni che un tempo si chiamavano "rosse", emblematica di un momento storico, di una temperie culturale. Non è propriamente un articolo sulle ingerenze dei chierici e le genuflessioni dei laici, ma già a quel tempo ne accadevano di cotte e di crude.  (S.L.L.)
Il cardinale Ersilio Tonini

UmbriaLibri 2004 e le politiche culturali
Mentre scriviamo, l’edizione 2004 di UmbriaLibri, la decima della serie, è in pieno svolgimento. Il bilancio, oggi assolutamente prematuro, sarà probabilmente illustrato in una apposita conferenza dall’assessore regionale alla Cultura; come d’uso. Azzardiamo tuttavia, da quanto abbiamo visto nei primi giorni, una previsione: il resoconto sarà dolce e lusinghiero. La manifestazione, infatti, aiutata da un meteo propizio (giornate fredde, ma senza precipitazioni), avrà un gran numero di visitatori e saranno molti i dibattiti affollati. Niente di paragonabile ad Eurochocolate, ma sicuramente un successo.
Facciamo un esempio fra i tanti possibili. Mercoledì alle 21 era previsto nell’Aula magna dell’Università per Stranieri un incontro con Sabina Guzzanti e Marco Travaglio su Il regime delle bugie. Alle 20 e 50 erano già centinaia le persone che facevano ressa all’ingresso, bloccate dal servizio d’ordine, dato che la sala era già piena zeppa. Non c’erano solo vecchie facce della vecchia sinistra, ma anche tanti volti giovani a noi sconosciuti. E’ un buon segno, ed anche una lezione per quei politici che, come se non bastasse l’ostracismo televisivo dei berluscones, vorrebbero mettere la sordina alle denunce puntuali ed alle pungenti irrisioni contro le malefatte dei briganti neri, azzurri e verdelega, per non alimentarne il vittimismo. L’incontro è stato spostato alla Sala dei Notari, con un parte del pubblico in piazza 4 Novembre a seguirlo su uno schermo.
Tutto per bene, allora? Non diremmo. Studiamo con qualche attenzione il programma della kermesse. In copertina si preannunciano la mostra-mercato degli editori umbri ed altre mostre, le lectio magistralis, l’aperitivo musicale e il caffè letterario, gli incontri e confronti, il laboratorio di scrittura creativa, l’angolo della lettura e la pesca letteraria. Manca la caccia. L’impressione che gli organizzatori abbiano voluto stupirci con la quantità è confermata dalla prime pagine. Era inevitabile che vi comparissero i loghi degli enti organizzatori, la Regione come capofila, la Provincia e il Comune di Perugia e infine la Fondazione Cassa Risparmio Perugia, massimo finanziatore privato; ma nella facciata è collocato anche l’elenco di coloro che hanno contribuito, 31 associazioni 31. Il calendario è fitto fitto. Nei cinque giorni da mercoledì a domenica sono ottanta e più gli appuntamenti, distribuiti in luoghi neanche tanto vicini tra loro, gli spazi della Rocca Paolina, le sale della Regione, della Provincia e del Comune, le aule delle sedi universitarie, il caffè letterario, la Biblioteca Augusta.
Prendiamo ad esempio giovedì 18. Già al mattino l’appassionato trova difficile la scelta tra il poeta Adonis che fa lezione al Rettorato, il cardinale Tonini, Vauro (che poi non c’è), uno scienziato e diversi narratori alla Rocca Paolina e la presentazione di due libri sul campo di concentramento di Colfiorito. Ma il massimo della libidine si tocca nel pomeriggio. Alle 16 alla Rocca Paolina i ragazzi del Liceo Mariotti fanno un bookcrossing, alla stessa ora Belardelli, Campi, Compagna e Aldo Ricci ragionano di Lucio Colletti alla sala Brugnoli del Consiglio Regionale; alle 16,30 alla Biblioteca Augusta due preti, una studiosa ed un’attrice intrattengono il pubblico sulle Confessioni di Sant’Agostino, mentre alla sala dei Notari Bertinotti e un deputato israeliano ragionano di non violenza. Un quarto d’ora più tardi, in uno spazio della Rocca, il vescovo Chiaretti, il politico Borgognoni e lo scrittore Luise presentano un libro-intervista con Norberto Bobbio su Dubbio e mistero e un volumetto di Leonardo Boff; ma dalle cinque della sera devono subire la concorrenza di Sandro Portelli e Giacomina Nenci che parlano di operai e partigiani a Terni e in Umbria in una saletta vicina. Intanto in quattro diversi palazzi del centro storico c’è chi riscopre lo scrittore umbro Massini, chi riascolta e discute le canzoni di Fabrizio De Andrè, chi si appassiona alla politica di Giovanni Pontano e chi fa la cronaca della mostra di Venanti. Alle diciotto, mentre Crespi e Santambrogio presentano la loro rivista di teoria sociale a Palazzo Donini, Diaconale e Longostrevi parlano di morale imprenditoriale alla Rocca Paolina e, in attesa dell’aperitivo musicale, Dacia Maraini e Baldino Di Mauro intrattengono il pubblico alla Ex Sala Borsa-Merci sul Braccio da Montone di Marco Rufini. “Dulcis in fundo” (o amaro, per chi non sopporta gli zuccheri) al Circolo Zibaldone c’è la Pausa caffè di Giorgio Falco, alle 21.
A noi, che abbiamo fatto un superficiale e disimpegnato tour pomeridiano, è capitato d’incontrare a un dibattito l’assessore Maria Prodi. Si lamentava di essere stata costretta, per ospitalità istituzionale, a girare come una trottola. Le sta bene; essendo di chiesa non può aver letto il Meglio meno, ma meglio di Lenin, autore all’Indice, ma la Temperanza non è virtù cardinale dei cristiani cattolici?
Immaginiamo una replica alle nostre insofferenze, la classica pezza peggiore del buco: “Molti appuntamenti li organizzano gli editori o altri soggetti. Alla Regione e agli altri Enti pubblici costano poco o nulla. E intanto fanno numero, a volte anche pubblico”. Si tratta in realtà di una concezione quantitativa che avvelena l’intera politica culturale della Regione e nella regione. Tutto si misura in termini di numeri (iniziative, presenze, etc,) senza una selezione di qualità, senza una gerarchia di obiettivi e una linea riconoscibile.
Per quanto veteromarxisti non abbiamo nostalgie per il “lavoro culturale” degli anni Cinquanta e Sessanta, tanto efficacemente preso di mira da Luciano Bianciardi: i cineforum impegnati, i dibattiti seri e seriosi, la musica classica, il jazz e la letteratura di denuncia. Sappiamo che le politiche culturali, anche nelle regioni di sinistra, devono contenere molte cose, di diverso orientamento, impatto e livello. Ma a tutto c’è un limite e non è affatto necessario somministrare al pubblico una congerie di iniziative in cui anche le cose eccellenti (che ci sono) si disperdono, un polpettone in cui nessun sapore è riconoscibile, una maionese impazzita.
Alla manifestazione è stato dato come titolo In nome della fede. Il titolo è un po’ corrivo, ma il tema è di una attualità per certi versi scottante. “Tantum religio potuit suadere malorum” - scrisse più di due mila anni fa un poeta grandissimo, per denunciare i danni enormi che la superstizione religiosa può produrre e i crimini compiuti in nome della fede. Ci aspettavamo delle iniziative tese a difendere e potenziare la laicità dello Stato, invece abbiamo assistito ad una inesauribile processione di preti e fedeli di tutte le confessioni. Tra i laici, confinati in un angolo, qualcuno era meglio perderlo che trovarlo. Per esempio, a discutere con un dignitario musulmano francese tra i più aperti, ci hanno messo il ministro Alemanno, della destra sociale, di quelli che continuano a dar valore alla “carta di Verona” e alla “socializzazione” di Salò. La logica dell’accoppiamento è quella televisiva del “tutto fa spettacolo”. Non vengano a raccontarci che la filosofia è anche spettacolo, che Socrate era un teatrante, che stoici e cinici si esibivano nei mercati e gli Illuministi facevano scienza nei salotti oltre che nei volumi dell’Enciclopedia. Preferiamo la conversazione conviviale di Epicuro, ma non abbiamo nulla contro le altre forme di spettacolarizzazione del pensiero; quando, per l’appunto, sia pensiero, non vuoto pneumatico, volgarità gratuita, lite preordinata, battuta che cerca l’applauso attraverso la conferma della banalità.
Nel cartellone di UmbriaLibri non soltanto i laici sono pochi (e alcuni finti), ma vi sono clamorose omissioni anche nella scelta dei temi. Nessun dibattito che alluda ai referendum sulla fecondazione artificiale. Nessuno spazio per l’ateismo militante, quello dei materialisti, intransigente sui principi e tollerante con le persone, non quello trasformato in religione di Stato dagli stalinisti. Nessuna apertura all’anticlericalismo, ateo, razionalista o protestante che fosse. E’ così potuto accadere che qualche barlume di laicità si trovasse dove meno lo si aspettava.
Il vescovo di Perugia, che abbiamo ascoltato nel nostro giro di giovedì, sembrava più aperto al pluralismo, più critico contro la superstizione e l’uso politico-militare della religione del laico Pera. Al dibattito su Lucio Colletti, poi, qualcuno ricordava che il berlusconismo del filosofo era disincantato e pessimista. Egli dichiarava di trovare consolazione solo nella frequentazione di Lucrezio e di Leopardi. Peccato che frequentasse anche Ignazio La Russa.

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