16.10.10

Nessuna pietà per i grassi! Il mito dello sport nel ventennio fascista (di Plinio Ciani)

Starace si allena allo Stadio dei marmi


“Nessuna pietà per i grassi” disse una volta Benito Mussolini a suo fratello Arnaldo che, durante una marcia, non riusciva a tenere il suo passo. Una esclamazione, ovviamente, detta con affetto, ma che concretizzava la passione del duce per l’uomo atleticamente e fisicamente perfetto e sempre in piena forma…
Sulla scia del rinnovamento fisico del popolo, Achille Starace, il fedelissimo segretario del partito, ordinò che non solo i giovani si dedicassero allo sport e all’educazione fisica. Obbligò gerarchi, prefetti, sindaci, magari in là con gli anni a nuotare, a saltare nei cerchi di fuoco o sulle baionette a siepe. Lui, ex bersagliere, magrolino e sempre in movimento, se la cavava abbastanza bene, ma per molti fu una tragedia. Qualcuno dovette essere soccorso dai medici, prima che fosse troppo tardi.
Anche certi exploit di corsa, pugni stretti, respiro corto, ma petto baldanzosamente spinto in fuori, diventarono spettacolo abituale per gl’italiani. Alla testa degli sparuti gruppetti di gerarchi o ministri o autorità c’era sempre lui, lo scattante Starace; o qualche volta c’era addirittura il duce, e allora il gruppetto delle autorità era un tantino più folto.
Ma quando il “passo romano” entrò nel costume, quando tutta l’Italia in divisa dovette marciare imitando il passo dell’oca dell’alleato germanico, ci si accorse che quel passo, praticato da uomini generalmente di statura modesta e di gamba corta, produceva un effetto tutt’altro che esaltante. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Da Graffiti del Ventennio, Sugar, 1975

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