13.10.10

L'Italia rapallizzata.

Rapallo
Ho tirato giù dalla libreria il Dizionario di parole nuove 1964-1984 che Manlio Cortelazzo e Ugo Cardinale pubblicarono per Zanichelli nel febbraio del 1986. Delle parole che si affermarono in quegli anni o dei significati nuovi di vecchie parole (anche quelle il dizionario registra) molto rimane in vita a segnalare oggetti o fenomeni che durano nel tempo. Altre parole o altri significati sembrano essersi già persi o perdersi a poco a poco con la scomparsa della “cosa” o del ricordo di essa. Chi si ricorda dei “quattro di Shangai”, per esempio? Oppure, ci sarà ancora la registroteca? Altre parole, dopo un primo successo, sembrano non aver retto al tempo o alla concorrenza. Vedo rota per “crisi d’astinenza” o un rovinografico dal significato abbastanza scontato e dall’uso decisamente improbabile.
C’è però qualche caso speciale. Trovo per esempio una parola che è scomparsa per lo straordinario successo della “cosa”. Ecco la definizione di rapallizzare: “ridurre una località urbanisticamente negativa per l’incontrollata  e caotica costruzione speculativa di nuovi edifici”. Nella voce si citavano Antonio Cederna e altri giornalisti, come utilizzatori del termine. Esisteva anche l’astratto rapallizzazione, cioè “l’atto del rapallizzare”, di cui il Dizionario registra un bell’esempio da “Qui Touring”, la rivista di una benemerita associazione turistica, dell1-8 luglio 1981: “Non restava che costruire in altezza ottenendone risultati estetici nemmeno confrontabili con le rapallizzazioni dei tempi presenti”.
Perché la parola è scomparsa? Perché il fenomeno è diventato troppo esteso. Man mano che si “rapallizzava” l’intera Italia, il riferimento a Rapallo sembrava riduttivo e perfino un po’ ridicolo.

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