28.9.10

Napoli metà Ottocento. Chiaia contro lo jettatore (di Théophile Gautier)

Questa Napoli fa da sfondo a un “componimento d’invenzione”, Jettatura di Théophile Gautier, una storia di cui certamente Pirandello tenne conto quando scrisse La patente. Ma la Chiaia che qui funge da sfondo alla disavventura di un giovane francese non appare affatto un’invenzione. L’unica cosa sorprendente è che i corni antijettatura non fossero rossi. Il racconto è del 1857. La traduzione è quella di Alberto Consiglio per l’edizione Guanda del 1984 (S.L.L.)   

Andò a fare un giro per Chiaia, per divagarsi allo spettacolo della petulanza napoletana; i mercanti descrivevano ed esaltavano la loro merce cantando bizzarre melopee in dialetto, inintellegibili per lui che non conosceva l’italiano, accompagnandole con una mimica disordinata vivacissima, assolutamente sconosciuta nei paesi del Nord. Ma ogni volta che lui si fermava davanti ad una bottega o ad una bancarella, il mercante assumeva un’aria spaventata, mormorava qualche imprecazione ad alta voce, e faceva il gesto di allungare le dita, come se avesse voluto pugnalarlo con l’indice e il mignolo. Le femmine, più ardimentose, lo coprivano d’ingiurie e gli mostravano il pugno.
D’Aspremont credette, sentendosi ingiuriare in tal modo dal popolino di Chiaia, di essere oggetto di quelle grossolane e burlesche litanie di cui i pescivendoli gratificano i signori quando attraversano la strada. Ma poi, la repulsione che appariva nel volto dei passanti e lo spavento che si dipingeva nei loro occhi, lo costrinsero a rinunciare a questa interpretazione. La parola jettatore che aveva già colpito le sue orecchie al teatro san Carlino, venne pronunciata di nuovo, ma questa volta in tono minaccioso. Si allontanò dunque a lenti passi, facendo attenzione a non guardare nessuno.
Mentre camminava nell’ombra delle case arrivò a una bancarella di vecchi libri. Si fermò un istante per curiosare e, per darsi un contegno, prese a sfogliare qualche libro. Aveva così la possibilità di volgere le spalle ai passanti e, coprendosi il volto con un libro aperto, di evitare ogni occasione di insulto. Per un istante aveva pensato di affrontare quei lazzaroni a colpi di bastone; ma ne era stato impedito da una sorta di terrore superstizioso che cominciava a impadronirsi anche di lui. Ricordava che, una volta, usando con un cocchiere insolente una leggera frusta, lo aveva colpito giusto alla tempia ed ucciso sul colpo; involontaria uccisione della quale non si era mai consolato. dopo aver preso e sfogliato parecchi volumi, il giovane cadde sul trattato Jettatura del signor Nicola Valletta; questo titolo apparve ai suoi occhi con caratteri di fiamma, e il libro parve posto in quel luogo dalla fatalità. Gettò al bancarellaro che lo guardava con aria beffarda, facendo ballonzolare in mano due o tra corni neri che pendevano insieme ad altri ciondoli dalla sua catena di orologio, i sette o otto carlini che costava il libro, e corse a rinchiudersi nella sua camera d’albergo per cominciare la lettura che doveva finalmente informarlo e sciogliere i dubbi dai quali si sentiva ossessionato fin dal suo arrivo a Napoli.

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