24.7.10

La nascita del "dionisiaco". Benedetti filologi.

In un ritaglio, dallo storico e glorioso inserto del “il manifesto” dedicato ai libri, la “talpa giovedì”, trovo la recensione di Luciano Canfora a un libro di Detienne (Dioniso a cielo aperto), un importante studioso della religione e della mentalità nella Grecia antica. La recensione comprende una sorta di premessa che rievoca un momento importante della storia culturale europea: sulla scena si affaccia Nietzsche, che, in nome dei “lumi”, inizia la sua ambigua “distruzione della ragione”, ma un giovane filologo reagisce. Benedetti filologi! (S.L.L.)

Ulrich von Wilamowitz
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“Su una cosa insisto però: il signor Nietzsche mantenga la parola: brandisca il tirso, viaggi dall’India alla Grecia, ma scenda giù dalla cattedra, sulla quale egli deve insegnare la scienza! Ai suoi piedi raduni tigri e pantere, ma non la gioventù filologica della Germania, che nella ascesi e nella abnegazione del lavoro deve imparare a cercare la verità prima di tutto”.

Sono le parole conclusive di un pamphlet scagliato nel 1872 dal Wilamowitz ventiquattrenne contro La nascita della tragedia di Nietzsche. Il pamphlet era sarcasticamente intitolato Filologia futurale, conformemente ad un uso stranamente dozzinale del concetto di “pertinente al futuro” nel senso e come equivalente di “pessimo”. Alla superficie si trattava di una rissa accademica. Il giovane dottor Wilamowitz attaccava, con l’agguerritissimo libello, l’opera geniale, e tecnicamente vulnerabile, del di poco meno giovane Nietzsche, imposto, per una congiuntura accademica, sulla cattedra di filologia classica di Basilea prima ancora del conseguimento del dottorato. Nella sostanza vi era la insofferenza del razionale-storicista Wilamowitz contro la propensione irrazionalistica che era dato di intravedere dietro la scoperta nietzschiana del dionisiaco come valore profondamente annidato nel cuore stesso della grecità. La malcelata propensione per il dionisiaco da parte dell’autore della Nascita della tragedia era apertamente denunciata dal Wilamowitz nel finale del libello, lè dove appunto invitava il rivale a travestirsi da Dioniso e lo scongiurava, al tempo stesso, di lasciare la cattedra universitaria. La caricatura di Nietzsche era, insieme, la caricatura di Dioniso, l’ambiguo domatore di tigri e pantere. Fino a che punto un tale atteggiamento denotava incomprensione? Non condivido l’atteggiamento di chi vede, in modo manicheo, nel Wilamowitz l’ottuso negatore di una grande scoperta e in Nietzsche il genio misconosciuto. Nell’ultimo, e forse più importante libro del “princeps philologorum”, terminato dal Wilamowitz in punto di morte, La fede dei Greci, vi sono pagine di grande rilievo ed efficacia sulla religione dionisiaca. Vi era piuttosto un allarme etico in quello sfrenato attacco giovanile: per così dire un appello a non lasciarsi prendere da Dioniso. (Luciano Canfora)

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