27.5.10

La Todini, Carlo Felice e la miniera d'oro.

Un commento ad una mia vecchia scherzosa nota su Luisa Todini, “Prezzemolina”, mi segnala un articolo da “L’Unione Sarda” dell’11 maggio scorso. A quel che comprendo l’impresa Todini si è limitata a subappaltare (“così fan tutte”), ma probabilmente non mette l’attenzione dovuta nella scelta dei partner. Pongo la cosa all’attenzione dell’opinione pubblica umbra e della presidente Marini (S.L.L.).

Usati i detriti avvelenati della miniera d'oro di Furtei

Per realizzare il “tappeto” su cui è stato poggiato l'asfalto della 131 (la “Carlo Felice”), tra Sanluri e Villanovaforru, sono state utilizzate le terre di risulta, altamente inquinate, della miniera d'oro di Furtei.
Ci hanno messo poco per autodenunciarsi. Un tempo brevissimo durante il quale gli acidi presenti sui terreni-scoria trasferiti dalle miniere di Furtei sulla statale 131, tra il chilometro 41 e il cinquantottesimo, hanno cominciato a trasudare. Divorare il ferro nascosto sotto il cemento armato dei cavalcavia, venire alla luce portandosi dietro la ruggine delle “gabbie”, anima delle traverse che tagliano in due la superstrada tra Sanluri e Sardara e Villanovaforru.

L'appalto

A portare lì quella terra sporca e inquinata sarebbe stata una delle imprese a cui la società Todini, vincitrice della gara d'appalto indetta dall'Anas, aveva affidato il subappalto. Tonnellate di materiale ricco di cadmio, rame, selenio e arsenico prelevato dalle ”discariche” della miniera d'oro di Furtei della Sardinia Gold Mining e trasferito con i camion nel cantiere della Carlo Felice per creare il tappeto su cui successivamente è stato poggiato l'asfalto. Proprio quel manto nero di bitume che già da subito aveva dimostrato tutta la sua precarietà per via del sottosuolo ricchissimo di sostanze corrosive come l'acido solforico non propriamente idoneo a ospitare la nuova superstrada. Tant'è vero che all'Anas hanno fatto i salti mortali, in questi anni, dopo la consegna dell'intero tracciato Sanluri-Villanovaforru (avvenuta tre anni fa) per tentare di mantenere in discreto stato i dieci chilometri della statale 131, come emerso durante la delicatissima indagine avviata dai carabinieri della Compagnia di Sanluri al comando del capitano Gianluca Puletti, affiancata dagli specialisti del Noe dell'Arma di Cagliari guidati dal maresciallo Angelo Murgia. Un lavoro finito sul tavolo del sostituto procuratore della Repubblica, Marco Cocco, titolare dell'inchiesta, che, almeno per ora, non ha iscritto nessun nome nel registro degli indagati.

I materiali

Una cosa è certa. Nell'arco di tempo tra i cinque e i tre anni fa, qualcosa non è andata per il verso giusto, sul tratto della Carlo Felice che attraversa la provincia del Medio Campidano. Tant'è vero che già a suo tempo la stessa amministrazione provinciale guidata da Fulvio Tocco e la Asl di Sanluri avevano chiesto chiarezza sui lavori. Non solo. La Provincia del Medio Campidano, con un'ordinanza, ne aveva richiesto la rimozione «ma l'Anas, facendo opposizione, ha vinto il ricorso al Tar e dunque tale materiale non è stato rimosso», ricorda Angelo Carta, assessore regionale ai Lavori pubblici.
Lo scempio

Oggi le conseguenze di quanto avvenuto sono sotto gli occhi di tutti. Pareti delle sponde dei cavalcavia che trasudano la ruggine, scoli d'acque rosse che escono dalle condotte e finiscono nel terreno uccidendo l'erba e la vegetazione. Poi quei “pezzi” aridi e grigi lungo la 131 dove nulla cresce e tutto brucia, dove la terra vegetale che era stata sistemata per ricoprire quella di risulta delle miniere è stata spazzata via e a sua volta inaridita dagli acidi.

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