8.3.10

La beatificazione di Pacelli e l'esultanza dei lefevriani.


Domenica 7 marzo 2010 su "La Stampa" un articolo di Giacomo Galeazzi documenta l'esultanza dei seguaci del vescovo Lefevre, già scismatici, oggi in fase avanzata di rientro nelle strutture della Chiesa. L'impressione è che dentro il progetto di Restaurazione messo in atto dal "pastore tedesco" ci sia una componente moderata che tende a ridimensionare il peso del Concilio Vaticano II senza rotture drastiche e un'altra che invece vorrebbe un ritorno più deciso ed asplicito al tempo di Pacelli. L'imminente beatificazione del "Vicario" che tacé dell'olocausto e scomunicò i comunisti dà fiato ai reazionari. In questa luce l'articolo del vaticanista del quotidiano torinese è illuminante. (S.L.L.)


"NESSUNO PIÙ CORAGGIOSO DI PACELLI"

Per i lefebvriani Pio XII è un "eroe della fede".È l'abate Patrick de La Rocque a sottoscrivere il documento introduttivo di un doppio dossier con cui gli ultra-tradizionalisti della Fraternità Sacerdotale San Pio X parlano delle imminenti beatificazioni di Pacelli e Wojtyla.

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Il pontificato di Giovanni Paolo II solleva «gravi dubbi». Anzi, il Papa polacco ha lasciato la Chiesa come «una barca che fa acqua da tutte le parti». Per questo i lefebvriani mettono in discussione la beatificazione di Wojtyla, invitando piuttosto a guardare all’esempio di Pio XII, l’altro Pontefice per il quale il 19 dicembre scorso Benedetto XVI ha firmato il decreto che ne riconosce le «virtù eroiche», penultima tappa - quella definitiva è la certificazione di un miracolo - prima dell’elevazione all’onore degli altari. È l’abate Patrick de La Rocque a sottoscrivere il documento introduttivo di un doppio dossier con cui gli ultra-tradizionalisti della Fraternità Sacerdotale San Pio X - sul loro sito La Porte Latine - si interrogano sui due Pontefici indicati «come modello sul cammino della santità». Secondo l’abate lefebvriano, la dichiarazione delle «virtù eroiche» «ha curiosamente provocato molto rumore là dove c’era poco da dire», cioè per Pio XII, e «un ben strano silenzio quando sarebbe stato importante alzare la voce», nel caso di Giovanni Paolo II. «Ci si è scandalizzati - spiega - dell’onore reso ad un papa giudicato mancante durante la Seconda Guerra Mondiale, e si è stranamente taciuto su Giovanni Paolo II, il cui pontificato solleva tuttavia gravi dubbi». Da una parte, scrive sempre l’abate tradizionalista, si «denuncia» la «supposta indifferenza» di Pio XII di fronte alla «sorte drammatica che il regime nazista riservò agli ebrei», mentre dall’altra «sembra che si trovi naturale che Giovanni Paolo II, con le parole così come con il suo bacio, consideri il Corano Parola di Dio, o implori San Giovanni Battista per la protezione dell’Islam, o partecipi attivamente a dei culti animisti nelle foreste sacre del Togo». La Fraternità San Pio X si chiede se «tali fatti e gesti siano compatibili o meno con il primo comandamento»: «Sarebbe eroicità della fede - aggiunge La Rocque - ricevere le ceneri sacre di Shiva o andare a pregare alla maniera ebraica al Muro del Pianto?». Tutte queste domande, rileva l’abate, «per quanto essenziali, sembrano essere scomparse per lasciare il posto all’entusiasmo e all’infatuazione che circondano l’immagine mediatica di un personaggio certamente carismatico». Il doppio dossier aperto dai lefebvriani è quindi «prima di tutto alla memoria di Pio XII», perchè «qualsiasi cosa ne dicano i suoi detrattori, si dimostra che in quegli anni neri la sua condotta fu quanto meno eroica». «Difensore degli ebrei - viene aggiunto - nessuno è stato più coraggioso di lui in quei momenti. La sua carità fu tale che permise di salvare, a detta degli storici israeliani di fede ebraica, circa 800 mila vite». Al cospetto «di tutti i suoi denigratori di bassa lega», i lefebvriani vogliono dunque «decantare questo augusto Pontefice», «così fermo per quel che riguarda la verità ma così umano nei confronti di tutti», e proclamare tramite lui «la santità della Chiesa». Per quanto riguarda invece Wojtyla, sottolinea l’abate riprendendo un’immagine che fu usata da Benedetto XVI, «è notorio» che «alla sua morte ha lasciato la Chiesa come una barca che fa acqua da tutte le parti». «Le tracce lasciato da questo Papa che ha voluto fare del suo pontificato un’immagine vivente del Concilio Vaticano II sono quelle che la Chiesa di oggi e di domani dovrà seguire per uscire vittoriosa e più grande dalla crisi che attraversa?», si domandano i tradizionalisti. «A noi non sembra», è la secca conclusione.

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