5.2.10

Pillitteri insulta Di Pietro: agente segreto e doppiogiochista.

Il cognato di Bettino Craxi, l'ex sindaco di Milano Paolo Pillitteri, ha preso spunto dalla foto di Di Pietro e Contrada pubblicata dal Corsera, per un articoletto sull'ex magistrato oggi capo dell'Italia dei Valori. Lo ha pubblicato sul quotidiano semiclandestino, "L'opinione".
La foto è, con tutta evidenza, un falso scoop: Di Pietro non aveva mai negato di conoscere Contrada, al tempo dirigente di primo piano della Polizia di Stato, e di avere avuto con costui frequentazioni di lavoro. Ma l'articolo del famoso cognato lascia pensare che sia stato proprio il celebre inquisitore di "Mani pulite" ad "incastrare" il poliziotto. Contro Di Pietro, infatti, Pillitteri scatena un vasto repertorio di accuse che vanno dall'infiltrato al doppiogiochista, dall'agente segreto al burattino. La mia impressione è che Pillitteri non volesse fermarsi lì e che volentieri avrebbe apostrofato il populista molisano con gli epiteti di "sbirro" e di "infame". Qualcuno o qualcosa deve averlo fermato.


L'eroe di una falsa rivoluzione

(un articolo di Paolo Pillitteri da "L'opinione", 5 febbraio 2010)

La famosa fotografia in prima pagina sul "Corrierone" non è la semplice istantanea di una cena conviviale: è un racconto, una narrazione, una storia che, da sola, illumina la vicenda che va sotto il nome di "Mani pulite", la falsa rivoluzione incarnata dall'eroico Pm (delle manette).

Costui ha sempre avuto intorno a sé, sull'abbrivio dell'inchiesta che si giovava di un impressionante fuoco di sbarramento mediatico giudiziario a proprio favore, un doppio alone: dell'eroe chiamato a fare pulizia e del personaggio ambiguo e doppiogiochista con tendenze ai giochi sporchi e con dietro qualche burattinaio.

Per questo la fotografia del "Corriere" parla da sola e racconta il doppio Di Pietro, il Pm amico degli agenti segreti italiani e americani in una comunità d'intenti, al di là della cena, che manifesta una comune professione da nascondere.

Troppe volte il Pm ha dato più che l'impressione, la certezza di comportarsi come un agente, non della Ps, ma di qualche Servizio Segreto sia nei suoi viaggi all'estero, sia nelle sue frequentazioni, sia nel fare "bassi" servizi per qualcuno sotto il sole dei Tropici sia nei diversi comportamenti in quella che "dopo" chiamò sprezzantemente Milano da bere, ma che "prima" amava frequentare, ne conosceva la piacevole way of life con tanto di fringe benefits, ne praticava i vizi e le virtù.

Tecnicamente: faceva l'amicone in un gruppo di persone per infiltrarsi, frequentandoli in cene conviviali, in salotti, a casa sua ecc. Dopodichè cominciava a prender le "misure per qualcuno", un lavoro che comprendeva la richiesta di favori, di case, di introduzioni, di segnalazioni e promozioni di amici importanti nel settore dei Servizi Segreti (erano il suo debole) che, talvolta, avevano come contropartita delle problematiche connesse all'ambito giudiziario.

La sua disponibilità esprimeva una spergiurata lealtà che menti un po' più raffinate avrebbero catalogato sotto la voce: falsi d'autori, e, del resto, l'agente infiltrato sorprende e colpisce proprio quelli che ha fatto diventare amici in virtù di un'arte affabulatoria funzionale a scambi vicendevoli, ma anche a tradimenti repentini, trasformando gli amici in vittime, quando accorgersene è troppo tardi.

Diventato l'eroe manettifero col coro assordante dei mozzorecchi, proclamava di non guardare in faccia a nessuno perchè applicava la legge. Mentiva: perchè alcuni furono dannati da lui, altri salvati. Per questo fallì "Mani pulite". Quanto alla legge, aveva certamente il potere di applicarla, ma arbitrariamente, il che terrorizzava tutti, compresi certi giudici.

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