15.12.09

L'Europa e il crocifisso. Domande e risposte. (R. Masci La Stampa 4/11/2009)



La sentenza contro il Crocifisso a scuola è stata emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Che cos’è?
Dal 1949 esiste il Consiglio d’Europa (da non confondere con l’Unione europea) al quale aderiscono oggi 47 Stati (praticamente tutto il continente) che hanno firmato la Convenzione sui diritti dell’uomo. Per dirimere tutte le violazioni di questi diritti il Consiglio si è dotato di una apposita Corte, costituita da un membro per ciascuno stato, e che funziona come un vero tribunale.

Chi si può rivolgere a questa Corte?
Alla Corte, che ha sede a Strasburgo, possono rivolgersi sia gli Stati sia i cittadini (singoli o in associazione) quando ritengano che sia stato leso uno o più diritti sanciti dalla Convenzione sui diritti umani.

Come funziona?
La Corte è divisa in quattro sezioni. All’interno di ciascuna sezione viene costituita una Camera di sette membri e a ciascuna Camera viene assegnato un particolare procedimento. La decisione presa da una Camera costituisce sentenza di primo grado, alla quale si può fare appello e, in questo caso, il giudizio di secondo grado (che è anche quello definitivo) viene preso dalla Gran Camera, costituita da 17 membri.

Come nasce la sentenza sul Crocifisso in aula?
Questa sentenza muove da un esposto fatto nel 2002 da una famiglia italo-finlandese che ha contestato la presenza di un simbolo religioso confessionale in un’aula scolastica statale. La sentenza, emessa da una Camera della Corte dei diritti dell’Uomo, ha dato ragione a questa famiglia e torto allo Stato italiano. Ora l’Italia - nello specifico il ministero dell’Istruzione - potrà ricorrere (e ha detto che lo farà) presso la Gran Camera.

Che cosa succederà se lo Stato sarà condannato anche dalla Gran Camera?
L’Italia, in questo caso, dovrebbe cambiare la norma incriminata, dal momento che le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo fanno giurisprudenza e sono vincolanti. Tuttavia l’Italia ha già fatto tantissime volte orecchie da mercante rispetto a queste sentenze, l’ultima delle quali è del luglio scorso e riguardava il sovraffollamento carcerario. Ovviamente, come dicono le dispute di questi giorni, la situazione è rimasta tale e quale.

Ma c’è una legge che impone la presenza del Crocifisso in Italia?
La complicazione di questa materia nasce proprio dal fatto che non c’è una legge. Se ci fosse, questa legge potrebbe essere impugnata davanti alla Corte costituzionale, senza la necessità di ricorrere alla Corte europea. Ma, in realtà, il Crocifisso è presente nelle scuole italiane solo in ragione di un regolamento amministrativo (cioè interno al ministero dell’Istruzione) e relativo all’arredo.

Possibile, soltanto un regolamento sull’arredo?
Sì, è così. Il regolamento dice - per esempio - che in un’aula scolastica ci devono essere tot banchi, tot sedie, una cattedra, una lavagna eccetera e - a un certo punto - in questo elenco compare anche il Crocifisso. La prima norma italiana che prescrive l’affissione del Crocifisso a scuola è del 1857 (Regno di Sardegna), con specificazioni ulteriori nel 1927. In tempi più recenti, una circolare del 1967 aggiorna le norme sull’arredo, e ribadisce la presenza del Crocifisso.

Ma la questione in passato era già finita in tribunale?
Dopo quella data la questione è stata affrontata spesso in sede di giustizia amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) e perfino in Cassazione, ma senza che questo portasse a cambiamenti sostanziali. Nel 2004 ne è stata investita anche la Corte costituzionale che però non ha ritenuto di doversi esprimere nel merito proprio perché si trattava di «materia regolamentare», cioè di normale gestione scolastica.

Il Concordato non c’entra?
No. Il regolamento che prevede il Crocifisso è precedente al concordato del ‘29 e quindi non è stato toccato neppure in sede di revisione nel 1984.

Quindi non si può fare nulla?
Al contrario: si può fare tutto. Ma la decisione deve essere politica. Il Ministero (e quindi il governo) deve decidere di cambiare il regolamento. Ma avrà voglia di imbarcarsi nella polemica che ne seguirà?

E se la Corte europea glielo imponesse?
Ci sono già molte sentenze della Corte che l’Italia non ha rispettato.

Fanno così anche gli altri?
No. L’Italia è uno dei Paesi che ha subito più condanne senza scomporsi. Dovrebbe essere il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa a vigilare sul rispetto delle sentenze, ma questo comitato è costituito dai ministri degli Esteri dei vari paesi, e dato che molti hanno sentenze non rispettate, è difficile che qualcuno possa scagliare la prima pietra.

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