10.11.09

Eco del mondo. Una rivista internazionale alle origini della guerra fredda.


Non sono in senso stretto un bibliofilo: il libro antico, raro, prezioso non ha mai esercitato su di me un fascino speciale. Dei classici ho quasi sempre comprato le edizioni più economiche e assai di rado compro i best sellers. Preferisco aspettare qualche anno e l'edizione economica, per vedere se durano e spendere meno. Eppure, girando per bancarelle mi è accaduto più di una volta di acquistare affascinato vecchi libri e opuscoli, calendari, ebdomadari e almanacchi, oggetti di cui non sapevo che uso avrei fatto. Non avrei potuto tenerli in bella vista negli scaffali, primo perchè la vista non sarebbe stata bella, secondo perchè gli scaffali, in una casa piccola, erano pochi e già stracolmi. Quasi certamente, dopo averli risfogliati, li avrei collocati in angoli poco accessibili delle librerie, donde non sarebbero tornati alla vista, se non per le rare grandi pulizie e per essere immediatamente dopo riposti. Qualche volta tuttavia mi sono sorpreso e inorgoglito delle cose belle o curiose o divertenti di cui, in maniera del tutto casuale, ero venuto in possesso e mi sono convinto di avere un sesto senso o qualcosa di simile che mi guida in codesti acquisti.

La premessa annuncia una scoperta. Ho rintracciato in un domestico ripostiglio cinque opuscoletti che per il piccolo formato e per l'elenco di articoli in prima pagina ricordano la vecchia "Selezione dal Reader's digest" tanto amata dai nonni impiegati o commercianti. Si tratta di alcuni numeri di una rivistina, "Eco del mondo", che per diversi aspetti copia la celebre rivista di riassunti: la varietà dei temi e dei generi, il taglio prevalentemente divulgativo, il carattere antologico. Anche in questo caso si tratta di una rivista anglosassone tradotta in italiano, ma stavolta viene dalla Gran Bretagna, non dagli Usa, da una redazione sita a Londra all'83 di Baker Street, ove si chiama " Mirror" (apprendiamo che c'è una "Echo" per i paesi francofoni, una "Internationale echo per l'Olanda, una "Eklogi" per la Grecia, una "Parrhaat" per la Finlandia e una "Neue Auslese" per le popolazioni di lingua tedesca). In tutte le edizioni è specificato che, a differenza del Reader's, la rivista non contiene riassunti. Alcuni articoli - spiegano - presentano invece dei tagli autorizzati dagli autori.
I cinque numeri che posseggo sono il 12, il 21, il 25, il 31, il 35. Il primo, dell'agosto 1947, è edito dall'Editoriale Domus di Milano e costa cinquanta lire, i successivi dalla Periodici Mondadori e vanno dal maggio 1948 al luglio 1949. Il costo del 21, del 25, del 31 è di 75 lire, del 35 di cento. Il cambio di editore comporta uno spazio, sempre maggiore, per la pubblicità, totalmente assente nel numero edito dalla Domus.

Il numero 12 ha come "apertura" alcune pagine di Bertrand Russel, scritte per una trasmissione della BBC, dal titolo Le prospettive per l'umanità. Il tema, inquietante, è l'energia atomica.
Russel è, tutto sommato, fiducioso: ritiene che bisogna mettere le armi nucleari sotto controllo internazionale. Per questa via si eviterà una nuova, ancora più disastrosa, guerra e si metterà la nuova conquista scientifica al servizio dell'umanità. Sul piano politico questo comporta una sorta di potere sovranazionale armato, in grado di fermare le singole potenze e le loro possibili alleanze. Le difficoltà di un accordo internazionale vengono attribuite soprattutto alle resistenze del governo sovietico, ma l'accordo è ritenuto possibile. I temi presenti in questo numero sono l'età della terra, la cura del raffreddore, l'avvenire della moda, la crisi europea del carbone, i progressi dell'aeronautica, la migrazione delle gru e molti altri ancora. C'è perfino un progetto franco-canadese di viaggio in astronave.

L'apertura del nuemero 21 è affidata ad Albert Einstein: è il brano di una conferenza tenuta presso l'Associazione della Stampa estera. Parla di scienza e pace. Poi c'è un breve ma profondo saggio dello svizzero De Rougemont sul federalismo, una storia del Primo maggio, il Monte Athos, i danni del fumo, Joseph Conrad, il socialismo svedese, le vitamine sintetiche e le tasse in Urss.

Il numero 25 si apre con un bilancio dei primi cinque anni della rivista, progettata e messa a punto a Londra tra l'agosto e il settembre del 1943. Si ricorda come la versione italiana per tutto il periodo di guerra si fosse chiamata "Il mese" e come il primo numero contenesse, in apertura, alcuni testi emblematici: un articolo di don Sturzo, una pagina profetica di Carlo Rosselli, memorie di "Giustizia e Libertà". Dopo il bilancio non è difficile ritrovare nel volumetto la consueta miscellanea di temi e sollecitazioni: l'inflazione in Unione sovietica e l'agricoltura danese, il buddismo e le diatomee, la grande festa di Edimburgo e la storia degli ortaggi, una bellissima novella di Wells e il telescopio del monte Palomar. Il tutto si legge un po' meglio per i caratteri un po' meno micragnosi (corpo sette invece che corpo sei). La caratterizzazione politica del momento è affidata addirittura a Tucidide, nella rubrica Così era, così è. Paradossale il titolo: Un commento sulla situazione politica. La nota illustrativa spiega che il brano dell'antico scrittore di storia è stato proposto alla rivista inglese da un lettore che fa il "professore a Bologna". Quantunque sia l'Europa tutta attraversata da forti tensioni (Praga, Berlino, la Grecia,etc.) il testo sembra alludere soprattutto alla realtà italiana. E' il settembre del 1948: non c'è stato soltanto il trionfo elettorale della Dc il 18 aprile, ma anche, in luglio, l'attentato a Togliatti e i conseguenti moti a carattere semiinsurrezionale. Un Tucidide che denuncia la ferocia delle passioni di parte sembra attagliarsi perfettamente alla situazione.

Il numero 31 (marzo 1949) si apre con un altro testo di Einstein, un messaggio al congresso degli intellettuali di Breslavia a favore del disarmo e della pace. L'indice presenta l'abituale varietà tematica, ma l'avanzare della guerra fredda impone alcune scelte di campo . La rubrica che attualizza il passato sotto il titolo La Russia immutatata e immutabile pubblica un brano del marchese di Custine del 1839: vi si ledde del dispotismo autocratico e della mentalità da schiavo, tanto apprezzata e tanto utile a far carriera in quelle lande. Un altro articolo contiene una critica etico-economica all'idea stessa di comunismo: il titolo è Che gusto c'è a lavorare? e ne è autore l'inglese Nigel Balchin.

L'ultimo numero in mio possesso, il 35 del luglio 1949, contiene un'ampia sezione dedicata a storie di viaggi, veri, immaginati e immaginari. Tra molti altri sui temi più diversi spiccano l'articolo di un olandese sulla necessità dell'unità europea e su come giungervi e quello di un americano che esalta (strana cosa!) la "via di mezzo" inglese, la scelta laburista dello stato sociale. Il senso generale del pezzo tende a rassicurare i lettori: la politica inglese non va "verso la zona rossa ma in direzione opposta". L'apertura della rivista è peraltro costituita da un breve e perentorio articolo di sostegno al neonato Patto atlantico, dal "Times": una vera e propria esaltazione della fermezza degli Usa, dell'alleanza occidentale appena stipulata, della lotta al comunismo.

P.S.
Da "Eco del mondo" posterò a poco a poco nel blog articoli, stralci e sintesi, tanto mi pare interessante, con un link ogni volta diretto a questa paginetta di spiegazione del contesto.

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